“We Free” è il titolo del progetto di prevenzione alle dipendenze da sostanze che ha coinvolto tutte le classi prime dell’Istituto tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo.
Il progetto, realizzato in collaborazione con un team di docenti e studenti della facoltà di Psicologia dello IUSVE, ha visto come destinatari i ragazzi delle classi prime, per due incontri della durata di due ore ciascuno, durante i quali si è creata la possibilità di confrontarsi sul tema delle dipendenze.
Tra i principali obiettivi che hanno caratterizzato il percorso spiccano:
- quello di aumentare il grado di consapevolezza rispetto ai rischi legati al consumo di sostanze, fornendo ai ragazzi informazioni su di esse, in modo che nessuno possa dire: “Non lo sapevo”
- quello di “smontare” le bugie che spesso al loro uso sono associate
- quello di aumentare il grado di libertà dei ragazzi di fronte alle proposte di “fare uso” delle sostanze, che incontreranno nel loro cammino di crescita; ossia dire con più consapevolezza i propri “sì” e i propri “no” dinnanzi alle proposte che verranno loro rivolte
Gli incontri sono stati condotti attraverso la metodologia del Learning by Doing, che si caratterizza per l’utilizzo di processi che possono coinvolgere le persone individualmente o in gruppi, consentendo loro di imparare dalla propria esperienza, divenendo protagoniste del proprio apprendimento individuale. Per mezzo di attività, video, testimonianze e dinamiche appositamente strutturate, seguite da momenti di riflessione sull’esperienza appena vissuta ed arricchite da contenuti informativi, i ragazzi sono stati accompagnati nell’esplorazione del tema della dipendenza nelle sue molteplici forme.
Con ogni classe è stata stimolata la riflessione rispetto al fatto che il tema della dipendenza riguarda tutti. Tutti, infatti, nasciamo dipendenti dalle cure di qualcun altro (in primo luogo dai genitori) e siamo poi chiamati, nel corso della crescita, a divenire sempre più autonomi, imparando a “reggerci in piedi” da soli nel mondo. Questo passaggio si compie soprattutto in adolescenza, periodo durante il quale ogni giovane è chiamato a sperimentarsi nella direzione dell’autonomia, mettendo in gioco le proprie risorse e raggiungendo da sé i propri risultati.
Di fronte alle sfide che la vita pone è facile cercare scorciatoie e appoggiarsi a “stampelle”, quali le sostanze stupefacenti, che sembrano aiutare a raggiungere con minor sforzo i risultati desiderati. Tuttavia quello che si raggiunge grazie alle sostanze non lo si raggiunge per le proprie abilità, è come barare, o lo si raggiunge con una qualità diversa, peggiore, o lo si raggiunge danneggiando la propria salute. In altri casi la momentanea soddisfazione data dalle sostanze, non ha nulla a che vedere con la realizzazione di sè: chi dipende da esse non potrà sapere quanto i risultati che raggiunge siano dati dalle proprie capacità o siano inquinati dai “contributi” dati dall’oggetto di dipendenza. Così come spesso la soddisfazione è diversa dalla realizzazione di sé. È come se i ragazzi e le ragazze dovessero decidersi tra il “sentirsi soddisfatti” o il “realizzarsi” come uomini e come donne.
Le dinamiche svolte, hanno cercato di mettere in luce questi aspetti, incentrandosi su quanto l’uso delle sostanze, oltre a causare danni ingenti sul piano mentale e fisico, annulli la possibilità di mettere in gioco il proprio potenziale, di essere se stessi al cento per cento, e, quindi, di autorealizzarsi e di crescere.
È stata, inoltre, stimolata una riflessione sul fatto che a subire gli effetti del comportamento dipendente non sia mai solo chi fa uso di sostanze, ma anche chi vive accanto a chi “fa uso”; famigliari e compagni di scuola. L’utilizzo di scorciatoie, trucchi, mezzi dannosi, sostanze stupefacenti incide sugli altri anche per il fatto che li priva del diritto di avere la persona in questione presente al cento per cento delle sue potenzialità.
“Esserci al cento per cento” è stato uno degli slogan-messaggio utilizzato negli incontri.
Si può dire che, per mezzo di forme nuove e stimolanti, si è cercato di fornire ai partecipanti qualche strumenti utile per aiutarli ad essere più liberi di fronte alle loro scelte, sostenendone lo sviluppo di identità e autonomia. Se decideranno di diventare sperimentatori di sé, e non di sostanze, essi potranno, infatti, muovere i propri passi nel mondo delineando il proprio modo peculiare di “autografare la vita”.